Prendo a prestito la citazione di Italo Calvino per riscrivere in questo post le riflessioni fatte qualche sera fa nelle stories.
Ho capito da sola, alla quasi veneranda età di 39 anni, come i bilanci di vita si facciano su tempi lunghi, tipo minimo 10 anni.
Solo da poco infatti, voltandomi indietro col pensiero, vedo la strada fatta: una nuova città, una famiglia e un lavoro che adoro, ma che dieci anni fa nemmeno immaginavo.
E sembrerà stupido che, come un’illuminazione, abbia capito solo ora perché da giovane uno tenda a dare giudizi netti e spesso disperati.
Perché manca quel metro di misura delle cose che solo l’esperienza della vita riesce a modellare nelle nostre percezioni.
A 27 anni, infatti, ero di fronte ad un pc a Kyoto in Giappone e scrivevo questo:
“Mi chiedo cosa inseguo. Mi chiedo quando e con che cosa mi fermerò. Quando capirò che per me nella ricerca universitaria non c’è posto perché non so, non conosco, non sono affermata.
Sono anni che me lo chiedo: ma qual è il vero importante? Sei mesi della mia vita lontana dai posti dove sono nata a sentirmi ogni riferire ‘non sei all’altezza’ , ‘non sei nessuno’, ‘non ti vuole nessuno’. “
Non avevo un fidanzato, non avevo un’idea di cosa fare dopo il dottorato, pensavo la mia vita fosse finita lì.
Invece poco dopo è iniziato un nuovo viaggio, che mi ha portato qui dove sono adesso.
Ora sempre davanti ad un computer, ma un Mac e a Milano, a dirti che NON SEI IN RITARDO e
OGNI GIORNO PUO’ ESSERE UN NUOVO INIZIO.
Non voglio motivarti, non voglio dirti che tutto ti sarà dato gratis, che tutto andrà per il meglio comunque e che le difficoltà non ci saranno.
MA CHE DA QUI A 10 ANNI NON SAI ANCORA QUANTO TI ASPETTA.
Basta bilanci su due anni.